giovedì 13 gennaio 2011

Torino ghost city

E' proprio così. Se il referendum di stasera di casa Fiat decreterà il no alle decisioni prese da Marchionne, prese in merito alle richieste dei falsi imprenditori della casa torinese, la situazione si preannuncia assai tragica. In pochi si rendono conto che panorama attende il capoluogo piemontese e tutti i paesi che fanno parte del gigantesco indotto.

Un modo per rendersene conto c'è: nel cuore del canavese, a 50 km da Torino c'è una cittadina che conta poco piu di 20.000 abitanti. Puo sembrara un dato di poco conto se non si sa che fino a quarant'anni fa era ancora uno dei poli commerciali piu importanti al mondo grazie all'Olivetti, azienda che faceva paura alla concorrenza per quel che ha lasciato e che possimao vedere ancora adesso e per i servizi che offirva a chi lavoravi. Un'azienda con una politica aziendale paragonabile solo a quella della Ford. Ford dava il doppio dello stipendio ai suoi operai perché potessero comprare le auto che producevano! E i risultati di quella politica li possiamo vedere ancora oggi! Olivetti ha fatto anche di più! Ha costruito interi quartieri per permettere ai suoi dipendenti di spostarsi vicino al posto di lavoro, ha lasciato un segno nell'architettura moderna che ancora oggi studenti delle università di tutto il mondo studiano. E tutto questo rischiando delle proprie tasche! Ora Ivrea è una città morta, senza futura che guarda cosa ci ha lasciato l'Olivetti malinconica, con un pugno di mosche strette nella mano. L'indotto Olivetti aveva preso sotto la sua ala tutto il canavese, rendendo una zona rurale dell'Italia di inizio Novecento, una delle piu teconologiche e industrializzate, valorizzando il territorio in maniera esponenziale! Altro che Mediapolis, una colata di cemento che auspica solo il fallimento in una delle zone piu soggette a smottamenti e allagamenti della zona!

Il fatto che oggi risulterebbe sconvolgente addirittura, è che tutto questo l'ha fatto con le proprie risorse, prendendo i contadini dalla campagna, portandoli nella sua fabbrica di mattoni rossi in mezzo a quello che una volta era il nulla e insegnandoli il lavoro sporcandosi le mani. Iniziando da così poco è riuscito a tirare su con il sudore della propria fronte e molteplici sacrifici un'impero che faceva paura ai colossi americani dell'informatica come l'IBM e ai falsi imprenditori italiani che senza l'aiuto economico di terzi non sarebbero riusciti ad aprire nemmeno un chiosco di limonate. Questo quindi era diventato un problema grosso, tutti investivano sul marchio Olivetti: producevano prodotti di estrema qualità a prezzi bassissimi rispetto alla concorrenza e in più i salari dei dipendenti erano alti e tutti stavano bene! Ma si sa, siamo italiani, non ci accontentiamo mai, se ci danno il dito inevitabilemente ci prendiamo tutto il braccio e non ci interessa chi calpesteremo per arrivare a prenderlo! Adriano Olivetti, figlio di Camillo è morto in condizioni mai accertate, in una carrozza di un treno in una galleria di ritorno dalla Svizzera. Forse colpevole di aver portato avanti le politiche aziendali del padre, senza chiedere niente a nessuno, dando fastidio ai nuovi imprenditori, incapaci di costruire un'impero con solo le proprie forze, solo capaci di fare imprenditoria con il piatto gia pieno servito al loro tavolo! E se le nuove generazioni arrivano nell'ambito manageriale/imprenditoriale, arrivano anche in ambito operaio, disprezzando quel che i loro predecessori avevano costruito, tante volte anche stretti parenti, mangiando tutto quel che potevano fino all'osso, chiedendo anche il bis e offendendosi se non ce n'era abbastanza! Il resto è storia e Telecom Italia. Esatto quel che resta di Olivetti è in mano a Telecom Italia, un'azienda indebitata fino all'osso che di innovazione tecnologica non dovrebbe neanche parlarne, per conservare quel poco pudore che gli è rimasto dopo aver soffocato uno dei piu grandi colossi economici tecnologici al mondo!

La Fiat ha visto lo stesso scenario di infinita ricchezza fino a 10 anni fa. Solo che quel che hanno costruito gli Agnelli è stato frutto di ricchezze acquisite da terzi. Poche volte hanno rischiato di tasca loro. Infatti i palazzi costruiti per gli operai Fiat emigrati proprio come è successo con l'Olivetti sono stati buttati giu, quelli dell'Olivetti sono ancora in piedi e sono abitati tutti (io stesso abito in uno di essi)! Le aziende che operano nell'indotto Fiat sono in gran difficoltà gia da tempo e rischiano la chiusura pure esse. Le poche aziende dell'ex indotto Olivetti che sono ancora aperte lo sono grazie alle politiche di collaborazione instaurata con essa e che essendo in parte indipendeti producono ancora oggi beni o servizi. Chi ha scelto di collaborare soltanto con una grande S.P.A. che adesso ha deciso di cambiare collaboratori, passerà momenti bui, questo è inevitabile.

Insomma, gli eporediesi che ancora si ricordano cos'è stata per questa città l'Olivetti sanno già cosa attende la città di Torino se stasera il verdetto sarà NO e le promesse di Marchionne e degli imprenditori Fiat verranno mantenute. Chi lo sa, chi non è indifferente e non continua a pensare solo per se anche nel 2011 puo sedersi e raccontare senza esitazioni o lacune storiche quel che presumibilmente sarà il conto da pagare per il capoluogo Torinese e per l'Italia intera dopo di esso. Uno dei piu grandi poli economici nazionali che si spegne. E noi vorremmo uscire dalla crisi? Perché se è questo che vogliamo ci conviene girare la nostra Croma o Grande Punto e tornare indietro, abbiamo imboccato la strada sbagliata e se non ce ne accorgiamo in tempo alla prossima curva potremmo andar dritti per essersi staccato il piantone dello sterzo! Se invece nessuno conosce come sono andati i fatti, perché tanto le cose succedono sempre uguali a rotazione, siamo solo noi che non impariamo mai, può guardare attento ed imparare come si fa a rovinare una comunità e tutto il contesto senza troppi sforzi, sperando che almeno questa di volta stia attento quanto basta e non cambi canale per sintonizzarsi sul Grande Fratello, Barbara D'Urso o Signorini!

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